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Idea di una applicazione verso l'uomo

L’uomo per superare i propri limiti naturali ha sempre fatto affidamento su utensili e macchine concepite da lui stesso. In tal senso anche il computer dovrebbe potenziare il pensiero della persona fornendo le giuste informazioni. Sappiamo che l’esistenza dell’uomo è tutta regolata dal proprio pensiero, che di per sé abbraccia diversi tipologie di processi cognitivi, dalla logica alla creatività, che lo distinguono dal mondo delle cose, facendo capire il loro senso. La capacità del computer sta invece tutta nell’uso dei numeri, che è solo una delle tante facoltà della mente umana. Questo significa che non può certo sostituirla, ma serve solo all’utilizzatore per compiti specifici. L’informatica è senz’altro un ottimo aiuto alla conoscenza, che si raggiunge con la scoperta delle cose. Ciò è impossibile con impostazioni programmate a priori e fuorvianti. La conoscenza è prodotta solo dall’uomo ed è solo lui a pensarla. Importante è distinguere quest’ultima dall’informazione, che invece è una indicazione fornita all’uomo da fonti esterne senza sapere chi è il destinatario. Oggi una certa informatica diffonde l’informazione per conoscenza, per cui c’è il reale pericolo che il computer, produttore di informazioni automatiche, prenda il sopravvento sull’uomo e lo domini. Nell’umanità si sta aprendo un grave dualismo. Da un lato esistono persone che si vogliono ancora considerare tali, dall’altro molta gente affida la propria vita alla macchina, riducendo la propria realtà ad una visione virtuale ed impersonale di ciò che il computer presenta. Praticamente si accettano prodotti informatici su cui non si può avere alcuna padronanza. Ci si ritrova con un numero imprecisato di versioni che promettono funzionalità sempre più efficienti, ma che in realtà rendono l’operatività piuttosto difficoltosa per una esagerata dotazione di inutili accessori di comodità. Affidare la mente ad applicazioni artificiose è come voler sostituire un arto naturale con uno artificiale, avendo la pretesa si ottenere un ingiustificato stato di benessere. Chi vuole che le persone pensino come il computer ha tutto l’interesse a deformare il loro modo di vivere con controlli remoti a suo proprio vantaggio. Praticamente tutte le conoscenze e visioni della vita si adeguano ai paradigmi della macchina che a loro volta sono imposti da qualcuno che vuole che l’uomo perda la propria autodeterminazione. In questa situazione il funzionamento del computer è un sapere esclusivo dei tecnici e se una persona normale vuole utilizzalo è costretto a trasformarsi in un’utente rassegnato. Oggi gran parte del software, pur essendo in continua evoluzione, rimane condizionato da tecniche “Machine oriented” con applicazioni piuttosto rigide del tipo “Data centric”. L’uomo è portato a conoscere più la macchina che non la sua realtà perché troppo spesso lo si convince che questo è il sapere e si vuole che la macchina pensi per noi.

Pur praticando l’informatica, intendiamo mantenere il primato della persona con il diritto a pensare. Distinguiamo la macchina che danneggia le capacità umane da quella che invece pone rimedio ai suoi limiti di memoria. Se immaginiamo che le applicazioni poggino su una linea che va dalla macchina verso l’uomo, sono “machine oriented” quelle nella parte iniziale mentre “human oriented” le finali. La validità dell’applicazione è determinata da quanto è vicina al modo di pensare dell’uomo e quanto meno condizionata dei limiti tecnici della macchina.

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Lo sforzo è superare i modelli “Data driven” con nuovi paradigmi basati direttamente sugli elementi e relativi comportamenti che meglio rappresentano le situazioni e relativo dinamismo da trattare. Oggi la individualità dei Personal Computer e l’affermazione del World Wide Web consentono all’uomo di poter pensare da sé, aiutato da applicazioni che siano però realizzate col giusto approccio ed appropriate tecnologie. Questo nuovo mondo informatico apre senz’altro spazi liberi in cui plasmare la macchina sulle reali e contingenti esigenze delle singole persone.